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martedì 30 marzo 2010

PostHeaderIcon UN RICERCATORE: IN CINA NON C'E' LIBERTA' DI STAMPA

La scorsa settimana, dopo un lungo periodo di trattative e schermaglie, Google ha deciso di abbandonare Pechino, dirottando tutte le richieste provenienti da IP cinesi verso Google Honk Kong.
I sostenitori del Web temono che la decisione di Google di lasciare il campo ai suoi rivali nazionali - quali Baidu - costituisca un fattore negativo per il futuro dell'informazione in rete: senza Google, si suppone, il cyberspace cinese potrebbe divenire più isolato e meno competitivo di quanto non lo sia oggi.
Tuttavia l'opinione di David Bandurski, ricercatore del China Media Project dell'Università di Honk Kong, è differente.



Egli teme che il vero problema non sia "un particolare sito web o motore di ricerca, ma il più vasto principio del pubblico accesso all'informazione".
Il peggioramento delle condizioni lavorative dei giornalisti cinesi, secondo Bandurski, non avrebbe solo a che fare con Google o con lo stretto controllo sui mezzi d'informazione esercitato dal Partito.
Si prenda ad esempio una vicenda avvenuta nel corso del 2008 e relativa alla pubblicazione, da parte del quotidiano China Business Post, di notizie relative alla condotta illecita della filiale regionale di una delle maggiori banche statali della Cina.
In seguito alla pubblicazione dell'articolo, i banchieri protestarono, ottenendo grazie ad un esponente del governo, legato agli uomini d'affari da relazioni personali, la chiusura del giornale.
Il problema dunque non è più solo nella pretesa del Partito comunista di avere un assoluto controllo ideologico dell'informazione, ma la rete di legami sussistenti tra governo e commercio, sostanzialmente basata sulla corruzione. 
"Non si tratta più di astratta disciplina di propaganda, dice Bardusky,"in questi giorni la questione riguarda più specificamente il denaro e interessi di potere. [...] La rete di agenzie deputate al controllo dei media in Cina, incluso il dipartimento di propaganda, sono composte, ora più che mai, da mediatori che giocano in una vasta rete di potere e profitto. Essi non solo ora servono i dettami della propaganda, ma distribuiscono anche favori personali e professionali."

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