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venerdì 16 aprile 2010

PostHeaderIcon NESTLE: CHE BATOSTA!

Ieri 15 aprile si è consumata l'ultima azione di quella che ormai è stata definita una delle peggiori gestioni di crisi: trenta attivisti militanti di Greenpeace travestiti da oranghi hanno fatto irruzione all’assemblea generale di Nestlé a Losanna (Svizzera), chiedendo agli azionisti di smettere di “utilizzare olio di palma proveniente dalla distruzione delle ultime torbiere indonesiane”.

Il direttore della campagna Foreste di Greenpeace International Pat Venditti è salito sul palco e ha chiesto a Nestlé “di escludere dall’intera filiera produttiva l’olio di palma del “campione” della deforestazione, Sinar Mas”.


Quella di ieri è solo l’ultima di una serie di campagne di denuncia che Greenpeace ha messo in campo contro Nestlé.

L’episodio scatenante ha avuto luogo il 17 marzo 2010, quando Greenpeace ha creato e postato su Youtube un video shock di cui è protagonista il noto snack Nestlé, KitKat: in consonanza con il claim del prodotto, nel filmato si chiede “un break per foreste e oranghi”.

L’azienda Sinar Mas, fornitrice di Nestlè, distruggerebbe, per far spazio a piantagioni industriali di olio di palma, le foreste indonesiane, “importantissimi depositi di carbonio per la stabilizzazione del clima” e “habitat degli oranghi, specie in via d’estinzione”.

La multinazionale, oltretutto, non rispetterebbe la legge indonesiana, ignorando le proprie responsabilità come membro della RSPO (Tavola Rotonda per l’Olio di Palma Sostenibile), tanto che, dopo la denuncia di Greenpeace, aziende quali Unilever e Kraft avrebbero già interrotto i contratti di fornitura con l'azienda indonesiana.

Poche ore dopo la messa on-line del video,  Nestlé riesce a oscurarlo in alcuni paesi e, nella stessa giornata, invia un comunicato col quale dichiara di voler cancellare il contratto con Sinar Mas.

Tuttavia, secondo una lettera aperta all’ufficio Relazioni Pubbliche di Greenpeace, la comunicazione di interruzione del contratto sarebbe stata data prima al pubblico che alla stessa Sinar Mas, sul sito della quale si legge che in merito non era ancora giunta alcuna comunicazione ufficiale.

In ogni caso Greenpeace non ritiene sufficiente il provvedimento, affermando che Nestlé potrebbe interrompere il contratto con la multinazionale ma continuare a servirsi da questa tramite aziende terze (come l'APP).

Il video oscurato, intanto si diffonde viralmente scatenando vive polemiche e aumentando velocemente gli iscritti alle pagine facebook e twitter dell’azienda per alimentare critiche e dibattiti.

Alcuni degli iscritti hanno addirittura inserito come immagine nel proprio profilo quella modificata del logo KitKat, in cui il nome del prodotto era modificato in 'killer'.

Nel frattempo, Greenpeace ha messo sul sito un modulo per scrivere una richiesta di moratoria all’AD di Nestlé, che ha raccolto 130.000 firme, e ha dato il via all'attività "Chiama Nestlé e chiedigli di dare un break alle foreste".

Dopo i già gravissimi d’immagine subìti dopo la campagna Greenpeace, la Nestlé ha commesso l’ennesimo errore gestendo male i commenti negativi sui social network:

"Ripeto: i vostri commenti sono benvenuti, ma per favore non postate usando una versione alterata dei nostri loghi sul vostro profilo, o i post saranno cancellati."

oppure

"Grazie per le lezioni di buone maniere. Consideratele accettate. Ma questa è la nostra pagina, e noi dettiamo le regole così da mantenere l’ordine. E’sempre stato così".

o, addirittura...

"Oh, per favore… è come se stessimo censurando tutti i commenti per lasciare solo quelli positivi…"

Il caso Nestlé dimostra che l'attenzione sociale di un'azienda è sempre più direttamente riconducibile alla sua reputazione e, una situazione di criticità legata all'assenza di CSR mal gestita scatena reazioni davvero pericolose per il suo fatturato.

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